Perché il più grande nemico del POPOLO è il POPULISMO

Per il vocabolario Treccani, il termine POPULISMO indica un “atteggiamento ideologico che, sulla base di principi e programmi genericamente ispirati al socialismo, esalta in modo demagogico e velleitario il popolo come depositario di valori totalmente positivi”.
Secondo il dizionario Garzanti, invece il POPULISMO “tende all’elevamento delle classi più povere, senza riferimento a una specifica forma di socialismo e a una precisa impostazione dottrinale”.
Lo stesso Garzanti però segnala anche l’uso dell’accezione negativa del termine, inteso come “atteggiamento politico demagogico che ha come unico scopo quello di accattivarsi il favore della gente”.
Ed è proprio quest’ultimo il significato che più degli altri si palesa quotidianamente nell’operato e, soprattutto, nei discorsi (e negli slogan) di gran parte dei leader politici dei giorni nostri.
Trump, Le Pen, Maduro, Erdoğan, Duterte, Orbán, Grillo, Salvini… sono solo alcuni dei nomi a cui, più di tutti di recente, è possibile riconoscere la “furbizia” di aver scalato il potere utilizzando metodi inequivocabilmente “populisti”.
Quando un leader politico come Matteo Salvini usa termini come “pacchia” e “crociera” riferendosi alle condizioni di vita e di viaggio di profughi e rifugiati, sta letteralmente cavalcando l’onda di un sentimento viscerale e primordiale, dettato da ignoranza, paura e difficoltà personali. E spesso i sentimenti più primordiali dell’essere umano sono pericolosi e “bestiali”, ciechi ai progressi culturali e intellettuali raggiunti col susseguirsi dei secoli e dei decenni.
Spesso il POPULISMO infatti può diventare volano di derive razziste e fasciste della società, scintilla di sistemi politici estremisti e violenti. Chiunque, usando la logica e delle informazioni corrette, è in grado di riconoscere cosa è giusto e cosa è sbagliato. Chiunque può comprendere che un lungo viaggio in barconi sovraffollati da uomini, donne e bambini in serio pericolo di vita, che fuggono da guerre e miseria, non è affatto una crociera. Chiunque.
Però spesso l’informazione corretta non arriva a tutti, perché il leader non ha alcun interesse a farla arrivare; e così anche la logica è spesso insidiata da falsi ragionamenti e da promesse illusorie che ne compromettono inevitabilmente il funzionamento. Immaginate un bastone tra i raggi di una ruota.
Al di là del valore etico delle opinioni e dei programmi, che suggerirei tuttavia di recuperare, esistono dei dati oggettivi: ad esempio, se da un giorno all’altro sparissero tutti i rom presenti sul suolo italiano, nelle nostre vite non cambierebbe nulla, non ci sarebbe una diminuzione dei reati, non migliorerebbe la nostra condizione economica, non saremmo di certo persone più felici.
Perché in fondo, ciò a cui ognuno di noi aspira è essere felice. E lo Stato dovrebbe lavorare per realizzare tale obiettivo: costruendo una società che garantisca diritti, benessere e servizi. E il primo passo, ancor prima di proporre soluzioni (che siano sensate e concrete), dovrebbe essere quello di comprendere i bisogni reali delle persone e ascoltarne gli eventuali suggerimenti.
Perché una cosa è rendersi portavoce delle istanze del popolo e lavorare per migliorarne le condizioni, un’altra, invece, è cavalcare (e in alcuni casi addirittura suggerire) paure e falsi bisogni per creare dei nemici inesistenti e delle soluzioni insensate. È quel che si dice “parlare alla pancia”, anziché alla testa.
Inteso in tal senso, dunque, il POPULISMO è lo strumento meno adatto a risolvere i problemi e a migliorare le condizioni di vita del popolo. È come un boomerang, un’arma che prima o poi ti si ritorce contro. Sprecare tempo, bile ed energia in progetti inutili e spesso nocivi, è la scelta sbagliata: usare l’altro come capro espiatorio delle nostre frustrazioni è ancora più frustrante.
di Francesco Giamblanco
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