No, non siamo tutti uguali di fronte al Coronavirus
Chi sta da solo in una mega villa con giardino, chi in 6 in un piccolo e disagevole appartamento.
Chi, da medico, gode della solidarietà di questi giorni, pur lavorando in uno studio privato, con orari normali e guadagnando in nero; chi, invece, continua a fare ciò che ha sempre fatto, lavorando in corsia, indossando quella divisa ingombrante, con orari estenuanti e con uno stipendio che non ripaga quei sacrifici.
Chi ha Pc, tablet, smartphone e ogni possibilità per poter seguire le lezioni da casa, chi non ha nemmeno un Pc e una connessione a Internet.
Chi prende un treno per tornare dalla propria famiglia, mettendola a rischio; chi quel treno non lo prende a costo di restare solo col proprio buonsenso.
Chi è tutelato e ha la serenità di ritrovare il proprio posto di lavoro così come lo ha lasciato, chi rischia di non ritrovare più quel posto.
Chi teme il Covid-19 con un organismo sano e giovane, chi lo teme con un corpo meno forte e meno giovane.
Chi crede di essere esentato dalle regole, continuando la vita di sempre e andando in giro senza alcun motivo; chi quelle regole le rispetta, mettendo da parte il proprio egoismo.
Se è vero che siamo tutti uguali di fronte al Coronavirus, è anche vero che non lo siamo nell’affrontarlo. Senza alcuna polemica, ma è bene ricordarlo, soprattutto quando tutto questo sarà finito.
di Virginia Avveduto
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